Arbitraggio

30, gennaio 2009 alle 3:16 PM | Pubblicato su Azioni, Corporate e bancarie, Derivati e futures, Obbligazioni, Operatività, TdS | 4 commenti

L’arbitraggio è una delle tecniche più utilizzate, in quanto permette di sfruttare, a vantaggio dell’investitore, delle “inefficienze” di prezzo.

Prima di tutto diamone la definizione [fonte Wikipedia]:

In economia e in finanza, un arbitraggio è un’operazione che consiste nell’acquistare un bene o un’attività finanziaria su un mercato rivendendolo su un altro mercato, sfruttando le differenze di prezzo al fine di ottenere un profitto. L’operazione è possibile se il guadagno che si ottiene supera i costi per il trasferimento del bene trattato da un mercato all’altro. L’intera operazione deve essere senza alcun rischio per l’operatore. L’arbitraggio si differenzia dalla speculazione per il fatto che, mentre il primo è un modo di lucrare sulle differenze di prezzo presenti in luoghi diversi la seconda opera sulle differenze di prezzo di uno stesso bene in tempi diversi: mentre la speculazione ricerca il lucro giocando sul fattore “tempo” (vendita successiva all’acquisto e viceversa), l’arbitraggio lo ricerca nel fattore “spazio” (acquisto e vendita su due mercati diversi).

Le possibilità di arbitraggio sono moltissime e spesso sono utilizzate come strategia portante da parte di Hedge Fund e investitori istituzionali.

Nell’immagine in basso a sinistra vediamo il book del titolo quotato sul mercato A e a destra il book del titolo quotato sul mercato B.

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Dal confronto tra i book notiamo che:

Mercato A: Spread 15 tick, Volumi 1.568.000

Mercato B: Spread 6 tick, Volumi 6.573.000

Quasi sempre il book del mercato A segue i movimenti che si hanno sul B che, essendo un mercato più liquido, tende ad influenzarne i prezzi di A, con un ritardo.

Nell’immagine sottostante vediamo che il book A si “adegua” ai prezzi segnati sul B (sono comparsi 2 ordini da 50.000 pezzi a 84,01 e 84,06).

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Altro adeguamento del book A con la cancellazione dell’ordine a 84,06 e immissione a 84,10

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Qui vediamo una possibilità di acquisto sul A a sconto rispetto al B, infatti volendo comprare a mercato sul A possiamo farlo a 84,15, mentre sul B bisognerebbe pagare 84,23

E allo stesso tempo, potremmo vendere sul B la quantità di titoli che abbiamo appena acquistato su A dove l’offerta più alta è 84,11 contro gli 84,21 offerti sul B.

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Riassumendo l’operazione quindi:

BUY [A]: 41.000 a 84,15

SELL [B]: 41.000 a 84,21

In questo modo i rischi connessi all’operazione di arbitraggio sono inesistenti, e viene detto risk free arbitrage.

C’è da dire, per smorzare facili entusiasmi, che fare questo tipo di operazioni con i normali strumenti dei trader non professionisti è molto difficile in quanto i disallineamenti durano pochi secondi e sono molto seguiti (e sfruttati) dai sistemi automatici che sull’immissione degli ordini sono molto più veloci.

La liquidità di un titolo

24, gennaio 2009 alle 10:27 am | Pubblicato su Azioni, Corporate e bancarie, Obbligazioni, Operatività, TdS | 3 commenti
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La liquidità di un titolo rappresenta la facilità dello stesso ad essere economicamente e rapidamente convertito in moneta legale, questo è un fattore da tenere in considerazione per valutarne il rischio.

I book di negoziazione e i volumi (giornalieri, mensili…) permettono di ottenere utili informazioni sull’effettiva capacità del titolo di essere convertito rapidamente in moneta e indicano anche la forza o debolezza del titolo dando la possibilità all’investitore di prendere posizione con una maggiore possibilità di successo.

Nelle immagini successive vediamo il book di un titolo obbligazionario General Electric durante i difficili giorni difficili post fallimento Lehman Brothers.

Nel primo book (18/09/2008) vediamo che il titolo è praticamente illiquido e addirittura non mostra alcuna proposta in denaro. Questa situazione di scarsa liquidità, al momento di vendere, crea un eccesso di offerta che condurrà ad una riduzione anomala nel prezzo. (ultimo scambio avvenuto a 87,99 e le successive proposte in vendita sono inferiori).

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Il giorno seguente iniziano ad apparire proposte in acquisto a prezzi che vanno da 84,1 a 87 ma i venditori si posizionano a prezzi superiori rispetto al giorno precedente. Si può quindi ritenere che quando il titolo è poco liquido si compra ad un prezzo più alto e si vende ad un prezzo più basso.

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Pochi giorni dopo (22/09/2008), prima dell’apertura del mercato, grazie alla poca liquidità vediamo chiaramente come ci sia solo il market maker sul book (100k in denaro e 100k in vendita) e vediamo anche questa volta che si compra ad un prezzo più alto e si vende ad un prezzo più basso rispetto al giorno precedente.

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Nella mattinata del 22 vediamo che l’arrivo di compratori fa alzare il prezzo al market maker confermando ancora una volta che in assenza di altri venditori è lui ad avere il “monopolio” sul prezzo di vendita dell’obbligazione.

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Visto questo piccolo esempio possiamo affermare che chi è in possesso di grandi quantità di denaro o di titoli ha la possibilità di gestire le proposte di acquisto e vendita in maniera molto articolata e può pertanto influenzare la percezione degli altri osservatori del book. Ciò implica che livelli molto carichi, con book poco liquidi possano in realtà ospitare quantitativi in acquisto o in vendita soggetti a un’improvvisa revoca. E’ facile capire quindi che i piccoli investitori solitamente sono i soggetti più penalizzati da questa mancanza di liquidità sul titolo, portando spesso a pagare degli spread elevati al mercato soprattutto in momenti di panico, al contrario i titoli poco liquidi sono preferiti da investitori con buone capacità economiche perché riescono a soddisfare le esigenze dei piccoli investitori che vogliono smobilizzare.

Acquisto obbligazioni all’emissione

23, gennaio 2009 alle 7:41 PM | Pubblicato su Corporate e bancarie, Obbligazioni, TdS | 5 commenti

E’ molto frequente tra i risparmiatori la convinzione di aver acquistato un prodotto in collocamento senza aver pagato alcuna commissione.

Questo non è affatto vero.

Purtroppo l’errore è dovuto alla superficialità degli investitori e alla bravura dei bancari a piazzare il prodotto. Nella stragrande maggioranza dei casi l’unica cosa che guarda l’investitore quando compra un’obbligazione è la cedola e/o il rendimento, senza perdere cinque minuti del suo tempo a leggere il prospetto informativo.

Ebbene, è proprio nel prospetto informativo che si può capire quanto si paga di commissioni implicite. Solitamente i costi impliciti di collocamento vanno dal 3% al 4%. (vedi tabella)

Tabella riepilogativa

Tabella riepilogativa

Una volta che l’investitore medio ha acquistato l’obbligazione difficilmente ne segue l’andamento, preoccupandosi soltanto di vedersi accreditare la cedola, oppure vedere la valorizzazione sui rendiconti semestrali.

L’obbligazione acquistata a 100 all’emissione (a meno che non ci siano forti oscillazioni dei tassi, o particolari notizie sull’emittente) nel suo primo giorno in cui arriva sul mercato tende a scendere di prezzo, nel nostro caso verso 96.5, proprio perchè chi vuole acquistarla sul mercato non vuole pagare un premio del 3,5% (costo di collocamento) all’investitore che vuole vendere. Per questo motivo converrebbe acquistare sul mercato, anzichè in collocamneto. Di contro, bisogna però valutare anche le commissioni che la propria banca prende nel momento in cui si decide di comprare il titolo sul mercato e non in collocamento. Il gioco potrebbe non valere la candela.

Infine ricordo che lo stesso discorso delle commissioni è valido anche per i Titoli di Stato, seppur in misura più ridotta rispetto ad emissioni obbligazionarie corporate o bancarie.

Siti e risorse per obbligazioni

16, novembre 2008 alle 8:23 PM | Pubblicato su Obbligazioni, TdS | Lascia un commento

Qualche sito per tassi, informazioni, e quotazioni obbligazionarie

[Quotazioni] Mercato tedesco – OnVista
[Quotazioni] e screening TLX- MOT (Unicredit Investimenti)
[Quotazioni] Asian Bond monitor
[Quotazioni] Borsa Italiana
[Quotazioni] Teleborsa
[Quotazioni] FazNet
[Tassi] FED Open Market Operations
[Tassi] Akerfinance – Eurirs, Euribor, Swap
[Tassi] Euribor dati storici
[Software] PcBond

BOT

2, novembre 2008 alle 1:55 PM | Pubblicato su TdS | Lascia un commento
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I BOT sono titoli a breve termine con scadenza entro l’anno. La remunerazione, interamente determinata dallo scarto di emissione dato dalla differenza tra il valore nominale ed il prezzo pagato, è considerata anticipata, in quanto la ritenuta fiscale per gli investitori individuali si applica al momento della sottoscrizione.
L’asta dei BOT è riservata agli intermediari istituzionali autorizzati.

CARATTERISTICHE DEI BOT
Valuta: €uro
Scadenza: 3/6/12 mesi o qualsiasi altra durata compresa entro l’anno espressa in termini di giorni (BOT Flessibili)
Remunerazione: scarto d’emissione
Meccanismo d’asta: asta competitiva sul prezzo
Periodicità emissione: mensile (a metà mese per i BOT trimestrali ed annuali, a fine mese per i semestrali); BOT flessibili in base alle esigenze di gestione della liquidità.
Date di regolamento: tre giorni di valuta sul mercato primario, due giorni sul secondario
Convenzioni di mercato: per il calcolo dei giorni, giorni effettivi/360
Modalità di rimborso: alla pari, in unica soluzione a scadenza

INVESTIRE IN BOT
I Buoni Ordinari del Tesoro sono emessi con scadenze uguali o inferiori all’anno e sono ammessi alla quotazione sui mercati regolamentati, segnatamente il mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato (MOT) per quantitativi limitati (lotti da 1.000 € o multipli) ed il mercato telematico a pronti dei titoli di Stato (MTS) per scambi non inferiori a 2,5 milioni di €uro.
Grazie alla caratteristica di essere titoli zero-coupon, i BOT presentano indubbi vantaggi in termini di gestione poiché l’esborso finanziario richiesto per questo tipo di investimento risulta essere inferiore al valore nominale di rimborso ed inoltre non esiste l’esigenza di reinvestire i flussi percepiti periodicamente a titolo di interessi.
Chi vuole acquistare un BOT in asta, deve prenotare la quantità desiderata presso un intermediario autorizzato entro il giorno precedente l’asta.
Essendo titoli soggetti al regime di dematerializzazione, gli importi sottoscritti dei BOT sono rappresentati da iscrizioni contabili a favore degli aventi diritto.
Le norme sulla trasparenza bancaria hanno fissato un tetto alle commissioni che le banche possono richiedere ai propri clienti per la sottoscrizione dei BOT: esse non possono superare 0,05% per i titoli con durata residua uguale o inferiore agli 80 giorni; 0,10% per i titoli con durata residua compresa tra gli 81 ed i 170 giorni; 0,20% per quelli con durata residua tra i 171 ed i 330 giorni e 0,30% per i titoli con durata residua pari o superiore a 331 giorni.
Tali commissioni si aggiungono al prezzo applicato dagli intermediari ai richiedenti che è quello medio ponderato d’asta.

CCT

2, novembre 2008 alle 1:51 PM | Pubblicato su TdS | Lascia un commento
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I CCT sono titoli a tasso variabile con la durata di 7 anni.
Gli interessi vengono corrisposti con cedole posticipate semestrali indicizzate al rendimento dei Buoni Ordinari del Tesoro semestrali; sulla remunerazione incide anche lo scarto d’emissione, dato dalla differenza tra il valore nominale ed il prezzo pagato.
L’asta è riservata agli intermediari istituzionali autorizzati ai sensi del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58

CARATTERISTICHE DEI CCT
Valuta: €uro
Scadenza: 7 anni
Remunerazione: cedole variabili posticipate, semestrali, indicizzate ai BOT semestrali più margine (detto spread); scarto d’emissione
Meccanismo d’asta: asta marginale sul prezzo
Date di Regolamento: due giorni di valuta sul mercato primario, tre giorni sul secondario
Modalità di Rimborso: alla pari, in unica soluzione a scadenza.

I Certificati di Credito del Tesoro sono titoli da sempre molto apprezzati dalle famiglie per la loro caratteristica di adeguare la cedola ai tassi di mercato e di garantire, quindi, in occasione di eventuale negoziazione prima della scadenza, un capitale verosimilmente uguale a quello inizialmente investito.
I CCT sono emessi, dal marzo 1991, a sette anni. Analogamente agli altri titoli di Stato, i CCT sono trattati regolarmente sul mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato (MOT) per tagli di piccolo importo (lotti da 1.000 euro o multipli) e sul mercato telematico a pronti dei titoli di Stato (MTS) per scambi non inferiori a 2,5 milioni di euro.
Chi vuole acquistare un CCT in asta deve effettuare la prenotazione presso un intermediario autorizzato entro il giorno precedente l’asta.
Essendo titoli soggetti al regime di dematerializzazione, gli importi sottoscritti dei CCT sono rappresentati da iscrizioni contabili a favore degli aventi diritto.
Le commissioni di collocamento previste per i CCT ammontano allo 0,30% (30 punti base) e sono retrocesse dal Tesoro agli intermediari finanziari al momento della sottoscrizione. Conseguentemente, gli intermediari sono tenuti ad applicare alla clientela il prezzo d’asta, senza aggravio di commissioni.

INDICIZZAZIONE
Attualmente è in vigore il seguente meccanismo di indicizzazione:
CCT a cedola semestrale emessi a partire dal 1° gennaio 1995 1
Si considera il rendimento lordo semplice annuo registrato sui BOT a sei mesi nell’ultima asta che procede il godimento della cedola. Si moltiplica per 0,5 e si somma lo spread. Il risultato è arrotondato ai cinque centesimi più vicini.
Per quanto riguarda l’effettivo pagamento degli interessi rimane uno scostamento temporale di soli sei mesi tra la definizione della cedola ed il relativo pagamento.
La misura del margine (spread) da sommare ai rendimenti così determinati, a partire dal CCT 1-11-1996/03, equivale a 15 punti base. In precedenza tale margine era stato fissato nella misura di 50 punti base, utilizzato sino all’emissione 1-8-1993/00 inclusa, poi modificato in 30 punti base per i CCT emessi dal 1° ottobre 1993 sino al 1° settembre 1996.
In conclusione, sono attualmente disponibili sul mercato secondario CCT con cedole semestrali indicizzati ai rendimenti BOT 6 mesi e con i livelli di spread sopra indicati.

BTP

1, novembre 2008 alle 3:16 PM | Pubblicato su TdS | Lascia un commento

Buoni del Tesoro Poliennali

I Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) sono titoli di credito a medio-lungo termine emessi dal Tesoro con scadenza pari a 3, 5, 7,10, 15 e 30 anni. L’investitore riceve durante la vita dell’obbligazione un flusso cedolare costante ed alla scadenza una somma di denaro pari al valore nominale dei titoli posseduti.

Quindi, a differenza dei Bot, in cui il profitto per l’investitore è dato dalla differenza tra prezzo di acquisto (o di emissione) e prezzo di rimborso, in questo caso vi è anche la remunerazione connessa con le cedole.


Le cedole sono solitamente predeterminati in misura fissa e con cadenza semestrale; il
tasso di interesse è fissato al momento dell’emissione e quindi l’ammontare delle cedole è costante per tutta la vita del titolo.

Anche nel caso di questi strumenti di debito pubblico, l’emissione avviene tramite asta; solitamente si ha un’emissione al mese. Si tratta di aste marginali in cui non viene definito un prezzo base d’asta. Il Mot, il mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato, è il mercato secondario anche per i BTP e su questo circuito si trovano quindi titoli aventi una certa vita residua, ad un prezzo corrente di mercato che potrà anche essere diverso da quello di emissione in ragione delle fluttuazioni dei tassi di mercato. Gli investitori istituzionali prima della scadenza possono comprare o vendere i BTP sia sul mercato secondario regolamentato (MTS), per operazioni
non inferiori a 2,5 milioni di Euro, che su quello non regolamentato (over-the-counter).

I BTP possono essere sottoscritti per un valore nominale minimo di 1000 Euro o un multiplo di esso.

I Buoni Poliennali sono titoli a reddito fisso particolarmente adatti per quegli investitori che richiedono flussi di pagamenti costanti e certi ogni sei mesi. Le varie scadenze esistenti sul mercato consentono di programmare
flussi di cassa regolari durante tutto l’arco dell’anno. Inoltre i BTP sono particolarmente apprezzati per la loro liquidità.

Il principale rischio che l’investitore corre acquistando i BTP è quello di mercato. Questo è in sostanza la volatilità del prezzo di un titolo in caso di vendita prima della scadenza: la volatilità è tanto maggiore quanto più lunga è la vita residua del titolo. Un innalzamento dei tassi di mercato comporterà un calo del prezzo del BTP: per eguagliare il rendimento di mercato, date le cedole fisse, la quotazione dovrà decrescere, in modo che l’investitore recuperi con un “capital gain” la differenza tra il rendimento cedolare e quello di mercato. Viceversa nel caso di cali dei tassi: il prezzo del BTP si alzerà.

I BTP a più lunga scadenza (15 e 30 anni) sono più rischiosi di quelli a media scadenza (3 e 5 anni). Inoltre, poiché la cedola è fissa, a parità di vita residua essi sono più rischiosi dei titoli a tasso variabile (CCT). Questi ultimi, infatti, mantengono un prezzo sostanzialmente costante, perché è la cedola stessa che si modifica in ragione dei rendimenti di mercato.


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