Arbitraggio

30, gennaio 2009 alle 3:16 PM | Pubblicato su Azioni, Corporate e bancarie, Derivati e futures, Obbligazioni, Operatività, TdS | 4 commenti

L’arbitraggio è una delle tecniche più utilizzate, in quanto permette di sfruttare, a vantaggio dell’investitore, delle “inefficienze” di prezzo.

Prima di tutto diamone la definizione [fonte Wikipedia]:

In economia e in finanza, un arbitraggio è un’operazione che consiste nell’acquistare un bene o un’attività finanziaria su un mercato rivendendolo su un altro mercato, sfruttando le differenze di prezzo al fine di ottenere un profitto. L’operazione è possibile se il guadagno che si ottiene supera i costi per il trasferimento del bene trattato da un mercato all’altro. L’intera operazione deve essere senza alcun rischio per l’operatore. L’arbitraggio si differenzia dalla speculazione per il fatto che, mentre il primo è un modo di lucrare sulle differenze di prezzo presenti in luoghi diversi la seconda opera sulle differenze di prezzo di uno stesso bene in tempi diversi: mentre la speculazione ricerca il lucro giocando sul fattore “tempo” (vendita successiva all’acquisto e viceversa), l’arbitraggio lo ricerca nel fattore “spazio” (acquisto e vendita su due mercati diversi).

Le possibilità di arbitraggio sono moltissime e spesso sono utilizzate come strategia portante da parte di Hedge Fund e investitori istituzionali.

Nell’immagine in basso a sinistra vediamo il book del titolo quotato sul mercato A e a destra il book del titolo quotato sul mercato B.

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Dal confronto tra i book notiamo che:

Mercato A: Spread 15 tick, Volumi 1.568.000

Mercato B: Spread 6 tick, Volumi 6.573.000

Quasi sempre il book del mercato A segue i movimenti che si hanno sul B che, essendo un mercato più liquido, tende ad influenzarne i prezzi di A, con un ritardo.

Nell’immagine sottostante vediamo che il book A si “adegua” ai prezzi segnati sul B (sono comparsi 2 ordini da 50.000 pezzi a 84,01 e 84,06).

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Altro adeguamento del book A con la cancellazione dell’ordine a 84,06 e immissione a 84,10

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Qui vediamo una possibilità di acquisto sul A a sconto rispetto al B, infatti volendo comprare a mercato sul A possiamo farlo a 84,15, mentre sul B bisognerebbe pagare 84,23

E allo stesso tempo, potremmo vendere sul B la quantità di titoli che abbiamo appena acquistato su A dove l’offerta più alta è 84,11 contro gli 84,21 offerti sul B.

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Riassumendo l’operazione quindi:

BUY [A]: 41.000 a 84,15

SELL [B]: 41.000 a 84,21

In questo modo i rischi connessi all’operazione di arbitraggio sono inesistenti, e viene detto risk free arbitrage.

C’è da dire, per smorzare facili entusiasmi, che fare questo tipo di operazioni con i normali strumenti dei trader non professionisti è molto difficile in quanto i disallineamenti durano pochi secondi e sono molto seguiti (e sfruttati) dai sistemi automatici che sull’immissione degli ordini sono molto più veloci.

La liquidità di un titolo

24, gennaio 2009 alle 10:27 am | Pubblicato su Azioni, Corporate e bancarie, Obbligazioni, Operatività, TdS | 3 commenti
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La liquidità di un titolo rappresenta la facilità dello stesso ad essere economicamente e rapidamente convertito in moneta legale, questo è un fattore da tenere in considerazione per valutarne il rischio.

I book di negoziazione e i volumi (giornalieri, mensili…) permettono di ottenere utili informazioni sull’effettiva capacità del titolo di essere convertito rapidamente in moneta e indicano anche la forza o debolezza del titolo dando la possibilità all’investitore di prendere posizione con una maggiore possibilità di successo.

Nelle immagini successive vediamo il book di un titolo obbligazionario General Electric durante i difficili giorni difficili post fallimento Lehman Brothers.

Nel primo book (18/09/2008) vediamo che il titolo è praticamente illiquido e addirittura non mostra alcuna proposta in denaro. Questa situazione di scarsa liquidità, al momento di vendere, crea un eccesso di offerta che condurrà ad una riduzione anomala nel prezzo. (ultimo scambio avvenuto a 87,99 e le successive proposte in vendita sono inferiori).

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Il giorno seguente iniziano ad apparire proposte in acquisto a prezzi che vanno da 84,1 a 87 ma i venditori si posizionano a prezzi superiori rispetto al giorno precedente. Si può quindi ritenere che quando il titolo è poco liquido si compra ad un prezzo più alto e si vende ad un prezzo più basso.

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Pochi giorni dopo (22/09/2008), prima dell’apertura del mercato, grazie alla poca liquidità vediamo chiaramente come ci sia solo il market maker sul book (100k in denaro e 100k in vendita) e vediamo anche questa volta che si compra ad un prezzo più alto e si vende ad un prezzo più basso rispetto al giorno precedente.

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Nella mattinata del 22 vediamo che l’arrivo di compratori fa alzare il prezzo al market maker confermando ancora una volta che in assenza di altri venditori è lui ad avere il “monopolio” sul prezzo di vendita dell’obbligazione.

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Visto questo piccolo esempio possiamo affermare che chi è in possesso di grandi quantità di denaro o di titoli ha la possibilità di gestire le proposte di acquisto e vendita in maniera molto articolata e può pertanto influenzare la percezione degli altri osservatori del book. Ciò implica che livelli molto carichi, con book poco liquidi possano in realtà ospitare quantitativi in acquisto o in vendita soggetti a un’improvvisa revoca. E’ facile capire quindi che i piccoli investitori solitamente sono i soggetti più penalizzati da questa mancanza di liquidità sul titolo, portando spesso a pagare degli spread elevati al mercato soprattutto in momenti di panico, al contrario i titoli poco liquidi sono preferiti da investitori con buone capacità economiche perché riescono a soddisfare le esigenze dei piccoli investitori che vogliono smobilizzare.

Il book (2)

3, gennaio 2009 alle 4:14 PM | Pubblicato su Operatività | 1 commento
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Nel primo articolo abbiamo imparato a “leggere” un book di negoziazione titoli. Ora possiamo approfondire alcuni aspetti importanti che variano in base alla piattaforma di trading che utilizziamo ed in base allo strumento finanziario (azioni, obbligazioni, valute etc…).

Il lotto minimo

E’ il più piccolo numero di titoli che si può acquistare.

Per il mercato azionario  solitamente è 1. Per le obbligazioni ed altri strumenti i quantitativi variano in lotti da 1.000 e suoi multipli (eccetto per le obbligazioni con coupon stripping).

I tipi di ordine

Ordine a mercato (EEC): si usa per acquistare un titolo alle migliori condizioni possibili. Questo tipo di ordine è rischioso in quanto si è esposti all’oscillazione del prezzo, per cui è sempre meglio immettere ordini con un limite di prezzo. Si ricorda che un ordine a mercato EEC (Esegui E Cancella) cerca di soddisfare la quantità inserita su tutti i livelli del book e qualora queste quantità fossero insufficienti cancella la parte dell’ordine in eccesso.

Ordine con limite di prezzo: Serve a dichiarare la disponibilità ad acquistare un titolo ad un prezzo non superiore ad un determinato valore o a vendere ad un prezzo non inferiore ad un determinato valore.

Tutto o niente (TON): Serve per comprare un titolosolo ad un certo prezzo e per una determinata quantità, se così non avviene l’operazione viene annullata.

Altre info dal sito di Fineco.

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Bisogna ricordare che alcune piattaforme offrono la possibilità di accedere a più mercati per lo stesso strumento (es. MOT e TLX per le obbligazioni), per cui lo stesso strumento si può acquistare su un mercato (ovviamente quello dove costa di meno) e rivenderlo su quello che risulta essere il più remunerativo. Questo tipo di operatività è detta arbitraggio.

Siti e risorse per i mercati

16, novembre 2008 alle 8:46 PM | Pubblicato su Azioni, Derivati e futures, Operatività, Portfolio | Lascia un commento
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[Forum] Finanzaonline
[Forum] Market Masters
[Forum] Stock on fire
[Forum] Online traders Forum
[Forum] Willmott

[Utilità] NYSE Short Interest
[Analisi fondamentale] Titoli USA
[Analisi fondamentale] Titoli italiani
[Analisi fondamentale] CSI Finanza
[Analisi fondamentale] Stock screener google
[Analisi fondamentale] Prophet
[Quotazioni] Stoxline
[Quotazioni] Chart & quotes
[Quotazioni] Settori USA
[Quotazioni] Futures realtime
[Quotazioni] ADVFN – Commodity, Stock
[Quotazioni] Tradeweb
[Quotazioni] TradingDay

Supporti e resistenze

2, novembre 2008 alle 10:16 am | Pubblicato su Operatività | Lascia un commento
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Definizione

Nel grafico delle quotazioni di un valore finanziario si possono rilevare dei livelli di prezzo che, in qualche maniera, ostacolano il proseguimento della tendenza in corso: questi ostacoli prendono il nome di supporti e resistenze.

In altri termini, il supporto non è altro che un livello che si oppone al proseguimento di un trend discendente: visivamente, si può osservare che il grafico arresta la sua discesa, tentenna, rimbalza una o più volte per poi invertire la rotta o proseguire definitivamente nella direzione iniziale; in questo secondo caso, la violazione del supporto racchiude implicazioni fortemente negative per il successivo andamento delle quotazioni, dal momento che le forze che si opponevano all’ulteriore discesa vengono sconfitte.

Ribaltando il concetto, la resistenza è un livello di prezzo che ostacola il proseguimento di un trend ascendente: in prossimità di una resistenza, il grafico arresta la sua ascesa, tentenna, rimbalza una o più volte all’ingiù prima di ridefinire la direzione di marcia; così come per il supporto, anche la violazione di una resistenza implica delle conseguenze, questa volta positive, dovute alla sconfitta delle forze che si opponevano all’ascesa dei prezzi.

Tipologie

Si possono individuare diversi tipi di supporti e resistenze, tutti con le stesse implicazioni appena viste.

Un primo tipo è costituito da un livello di prezzo che, nell’esame della serie storica, ha più volte dato prova di impedire il proseguimento della tendenza. In questi casi, l’efficacia del supporto o della resistenza è tanto maggiore quanto più è recente la sua presenza nella serie storica, soprattutto se il fenomeno si è ripetuto più volte nel tempo. La sua efficacia, inoltre, sarà ancora maggiore se, nel passato, il freno alla tendenza in atto si è manifestato in presenza di volumi consistenti.

Oltre a questi livelli, statici, possono essere individuati anche livelli dinamici, sia di supporto che di resistenza, i quali svolgono la stessa funzione di quelli appena visti. Così è, ad esempio, per una trendline. Le linee di tendenza, infatti, assolvono per definizione a una funzione di delimitazione della tendenza in corso e, di conseguenza, a una funzione di supporto, se la trendline è ascendente, o di resistenza, se la trendline è discendente.

Anche una media mobile delle quotazioni, della quale parleremo nel capitolo relativo all’analisi algoritmica, si può opporre, con gli stessi effetti, a un ulteriore sviluppo dell’andamento in corso.

Efficacia

Benché supporti e resistenze svolgano un ruolo primario nell’esame dei grafici dei prezzi, è necessario puntualizzare che la loro corretta individuazione non è sempre agevole a causa della mancanza di punti realmente oggettivi che ne costituiscono la base.

Persone diverse tendono a tracciare trendlines su punti di svolta diversi, a costruire medie mobili con parametri diversi, a individuare livelli statici di prezzo sulla base della propria esperienza e degli obiettivi temporali dei propri investimenti.

Tutto questo, pur non sminuendo la validità dei supporti e delle resistenze, ne subordina la reale efficacia segnalatoria alla competenza dell’analista.

In considerazione della natura propedeutica di questi appunti, non è il caso di addentrarsi nell’esame delle motivazioni che portano alla formazione di supporti e resistenze e nell’analisi dei fattori che ne giustificano l’attendibilità. E’ sufficiente sapere che, il più delle volte, si tratta di motivazioni di carattere psicologico che spingono la massa degli investitori a reagire a certi stimoli in maniera uniforme; inoltre, la conoscenza del fenomeno talvolta costituisce di per sé stessa causa di determinati comportamenti.

Individuazione dei titoli

2, novembre 2008 alle 9:54 am | Pubblicato su Asset allocation, Operatività | Lascia un commento

La scelta dei titoli sui quali operare va necessariamente relazionata al trend generale del mercato, al tipo di strategia temporale che si intende adottare, alla personale propensione al rischio e alla composizione del portafoglio.

Trend di mercato. La regola principale che sta alla base di una sana operatività è quella di assecondare il trend generale del mercato. Salvo casi particolari, le operazioni in controtendenza presentano dei rischi notevolmente maggiori di quelli ai quali si va normalmente incontro con le operazioni in tendenza. Saremo, quindi, compratori di titoli in un mercato al rialzo e punteremo al ribasso nel caso contrario.

Diversa è la situazione di un mercato congestionato, un mercato, cioè che si muove lateralmente con andamento oscillatorio. E’ consentito, in questi casi, il tentativo di anticipare i punti di svolta non dimenticando che ciò che può apparire come un prossimo punto di svolta può trasformarsi, invece, in un punto di rottura del canale laterale.

Ottica temporale. E’ strettamente legata alla volatilità del titolo che ci interessa, all’ampiezza cioè delle oscillazioni periodiche alle quali ciascun valore finanziario quotato è sempre soggetto. Un titolo con un buon trend rialzista e con oscillazioni limitate presenta, in un brevissimo periodo, minori possibilità di riuscire profittevole di quanto possa esserlo un titolo in tendenza limitata ma con ampia volatilità. Viceversa, in un’ottica di più lungo periodo, è maggiore la convenienza, se non altro sotto il profilo psicologico, a puntare su un titolo con un trend più accentuato ma con minori escursioni tra minimi e massimi.

Propensione al rischio. Il nostro atteggiamento condizionerà, anzitutto, l’ottica temporale dell’investimento. Ma si esprimerà concretamente anche con la selezione di titoli che, per soddisfare le nostre aspettative, presentino particolari caratteristiche di qualità, flottante, rischiosità intrinseca (coefficiente alfa) e aggressività (coefficiente beta).

Composizione del portafoglio. E’ certamente funzione della propensione al rischio visto che non è altro che la sommatoria delle caratteristiche di un insieme di titoli.

Analisi tecnica e analisi fondamentale

2, novembre 2008 alle 9:52 am | Pubblicato su Operatività | Lascia un commento

Analisi tecnica. L’analista tecnica non mira a conoscere il valore reale di un’azione bensì quel valore che ad essa attribuirà, a breve, il mercato. Egli è infatti convinto di poter rilevare, con l’ausilio di particolari procedure, le speranze, le paure, gli umori, razionali e irrazionali, dei compratori e dei venditori giungendo così a sintetizzare e fotografare, a un dato istante, tutti quei fattori che normalmente sono ritenuti inquantificabili ma che, nondimeno, incidono in maniera preponderante sul processo di formazione dei prezzi; gli diventa più facile, a qusto punto, decidere quando comprare e quando vendere e cosa comprare e cosa vendere in perfetta sintonia con la tendenza e le prospettive del momento.

L’analisi fondamentale si propone di verificare la salute generale, per così dire, di un titolo. E’ un check-up il cui fine non è quello di individuare l’esistenza o la possibilità di insorgenza di un comune raffreddore. L’analisi tecnica, al contrario, si orienta soprattutto verso i sintomi piuttosto che verso le cause.

Si pensi alle variazioni che i titoli quotati hanno in un breve periodo di tempo. Forse un aumento o una diminuzione generalizzata delle quotazioni può indurre automaticamente a ritenere che, contemporaneamente, sia realmente variato l’effettivo valore delle società quotate? Viceversa, stabilito che i valori fondamentali fanno prevedere una crescita economica e patrimoniale della società, si può forse automaticamente ritenere che le quotazioni azionarie siano destinate ad aumentare? Nel breve periodo ben altri elementi assumono preponderanza: esistenza di un trend generale rialzista o ribassista, situazione politica, influenza delle borse estere e chissà quant’altro.

In sintesi, se nell’analisi fondamentale è prevalente l’aspetto previsionale, nell’analisi tecnica è prevalente l’aspetto gestionale, la logica dell’una non è la logica dell’altra, gli obiettivi dell’una non sono gli obiettivi dell’altra.

Ognuna delle due ha una sua ragion d’essere determinata dalle esigenze delle società di gestione di fondi comuni o di altri investitori istituzionali e da quelle dei traders più o meno sfrenati.

In ogni caso, un’analisi di tipo fondamentale che faccia da sfondo alle scelte di breve periodo non può che accrescere le probabilità di successo del trader. Ugualmente, il ricorso all’analisi tecnica per la scelta del momento di intervento non può che giovare a un investimento strategico da attuare sulla base dei fondamentali.

Profilo di rischio

1, novembre 2008 alle 7:23 PM | Pubblicato su Asset allocation, Azioni, Derivati e futures, Obbligazioni, Operatività | Lascia un commento

Prima di effettuare qualunque investimento, sia piccolo che grande, è necessario rendersi consapevoli del quadro generale in cui tale investimento si colloca (asset allocation complessiva del cliente) chiedendosi se tale investimento sia o meno coerente con il profilo di rischio dell’investitore.

Dunque, se anche investiamo 1.000 euro possedendo un patrimonio di 100.000 euro, dobbiamo comunque chiederci se tale investimento sia adatto a noi e alla nostra posizione.

Come valutare il proprio profilo di rischio

I bisogni materiali

Innanzitutto è necessario possedere un bilancio personale (o familiare) completo che permetta di valutare:

  • la capacità di generare reddito:
    le entrate annue al netto delle tasse (entrate da attività lavorative, affitti, investimenti);
    le spese annue complessive ordinarie (complesso delle spese cui il soggetto deve far fronte);
    le spese annue straordinarie (spese specifiche di importi rilevanti come auto, casa ecc.);

  • la capacità di generare risparmio;
    gli investimenti annui (quanto si è investito negli ultimi anni?);
    i disinvestimenti (quanto denaro si è prelevato dagli investimenti di lungo periodo negli ultimi anni?);
  • la patrimonializzazione:


il valore delle proprietà (al netto di debiti e mutui);
il valore degli investimenti di lungo termine;

  • il budget (pianificazione di fonti ed impieghi per l’anno/anni successivi).

La capacità di generare reddito: tale capitolo è evidentemente influenzato dalla situazione lavorativa dell’investitore e dalle attese sulla medesima (miglioramenti, pensione ecc.), dall’età dell’investitore o eventualmente di coloro che egli ritiene essere beneficiari del patrimonio.

La capacità di generare risparmio dirà quanto denaro l’investitore può investire nel tempo: maggiore è la sua capacità, più lungo sarà l’orizzonte dei suoi investimenti e quindi maggiore il rischio sopportabile per raggiungere rendimenti elevati.

Gli investimenti: non solo mobiliari ma anche immobiliari o di altra natura.

La patrimonializzazione è rilevante ai fini della determinazione del rischio cui un investitore può essere soggetto; infatti, maggiore è l’incidenza delle entrate/spese correnti sul patrimonio, minore sarà la possibilità dell’investitore di assumere rischio ovvero di investire con obiettivi di lungo periodo.

Nel budget, proiezione futura del bilancio, rientrano tutti i capitoli precedenti; esso fornirà un dato fondamentale: quali sono le necessità di liquidità nel breve periodo dell’investitore e per quale ammontare delle stesse l’investitore è attualmente preparato. Esse devono comprendere tutte le uscite (meno le entrate certe) cui si dovrà fare fronte in un periodo di almeno un anno. Tutte le informazioni che si riusciranno a collezionare nel budget andranno a definire l’orizzonte temporale dell’investitore.

Benché sia visto con fastidio da molti (per l’impegno che certamente genera nella sua formulazione) il budget risulta essere una componente necessaria alla corretta gestione del proprio patrimonio e di conseguenza agli investimenti.

Qualora vi siano spese/investimenti immobiliari di grande portata da affrontare nell’arco di uno–due anni sarà necessario tenerne conto e diminuire il rischio cui ci si espone.

In generale ci si deve porre una domanda del tipo: se i miei investimenti non rendessero nulla, in quanto tempo preleverei il 10, il 20 il 50 per cento o ancor più del capitale investito?

I bisogni immateriali

Di pari importanza rispetto ai bisogni materiali sono quelli immateriali, è infatti assolutamente necessario che l’investitore si trovi sempre a proprio agio con la collocazione del proprio portafoglio. Lo stress da investimento va lasciato agli speculatori (che tuttavia raramente impegnano tutto il proprio capitale per speculare sui mercati finanziari, anche loro non si sottraggono al profilo di rischio).

Conoscenze in materia di investimenti

Benché possa apparire scontato, è opportuno che l’investitore si crei un’opportuna base di conoscenze finanziarie prima di assumere posizioni con profilo di rischio elevato.

Chi non conosce i mercati e gli strumenti con cui essi possono essere utilizzati può trovarsi a disagio dovendo affrontare le condizioni tipiche degli stessi (i mercati azionari hanno volatilità superiore a quelli obbligazionari ed una singola azione può essere enormemente più rischiosa di un’obbligazione; anche le obbligazioni, specie se societarie ma anche di emittenti sovrane, possono far correre all’investitore rischi eccessivi, basti pensare a due casi: obbligazioni corporate emesse da Parmalat ed obbligazioni sovrane emesse dall’Argentina, di recente memoria).

Domande del tipo: «Negli ultimi dieci anni hanno reso più le obbligazioni o le azioni?» sono assolutamente fuori luogo. In caso di risposta negativa rivelano sia scarsa conoscenza sia scarsa informazione.

Anche affidandosi a professionisti del risparmio gestito resta comunque a carico dell’investitore l’onere di studiare gli strumenti e le loro caratteristiche e di mantenersi aggiornato sugli andamenti delle principali variabili finanziarie.

In particolare è opportuno mantenersi informati su:

  • tassi ufficiali di sconto e politiche monetarie delle banche centrali di maggiore rilievo;
  • andamento dell’inflazione;
  • cross valutari;
  • principali indici borsistici;
  • politiche di dividendi delle imprese.

In merito agli strumenti finanziari è necessario conoscere a fondo le caratteristiche di:

  • obbligazioni (in tutte le loro forme di emissione), che hanno come forme di controllo il rating e la duration;
  • azioni il cui profilo rischio/rendimento, pur variando nel tempo, può essere controllato a livello di portafoglio;
  • Exchange Traded Fund (ETF), caratteristiche, mercati in cui sono trattati e benchmark di riferimento;
  • Oicr (Organismi d’investimento collettivo del risparmio: i fondi comuni di investimento): caratteristiche, benchmark, società di gestione, commissioni, capacità di “superare il mercato” – dettagli da approfondire in quanto merito sia del gestore che della società di gestione;
  • derivati: concetti di base degli strumenti, i diversi contratti, potenzialità e rischi.

Chi desidera acquistare “da sé” gli strumenti finanziari farà bene a valutare banche e sim per verificare quali canali mettono a disposizione e quali strutture commissionali richiedono per i servizi forniti.

A tutto ciò si aggiunge naturalmente l’intero quadro normativo e fiscale vigente, assolutamente vario per la varietà di strumenti e paesi in cui essi possono essere acquistati.

In generale i seguenti elementi permettono di aumentare il rischio cui l’investitore può sottoporsi:

  • conoscenza ed informazione costante sui mercati e loro strumenti;
  • conoscenza dei principali fattori di rischio di portafogli azionari e obbligazionari;
  • esperienza accumulata negli anni nell’investimento;
  • scolarizzazione.

Attitudine al rischio

Ci si riferisce in generale all’atteggiamento che l’investitore assume di fronte al rischio o alle situazione avverse (quando il rischio, che si misura come probabilità, è divenuto certezza).

L’investitore desidera rischiare? Riesce a quantificare in che misura?

Quale performance negativa l’investitore può sopportare senza sentire la necessità di liquidare in tutto o in parte il proprio investimento?

Che cosa farebbe l’investitore se detenesse azioni e le borse crollassero in un solo giorno del 20%?

Che cosa farebbe l’investitore se le obbligazioni scendessero del 10% in sei mesi e ne detenesse in portafoglio?

Che cosa tende a fare l’investitore durante le discese del mercato?

Si sente a suo agio a pensare alla scadenza del suo investimento (cioè a rientrare in possesso del proprio denaro) a tre anni? A cinque anni? A dieci anni?

È consapevole che per ottenere rendimenti è necessario rischiare?

In quale dei seguenti portafogli si trova più a proprio agio? (partenza 1/1/1997 al valore di 1.000.000)

Diversi rendimenti

Diversi rendimenti

Se l’investitore considera troppo poco rischioso un portafoglio di sole obbligazioni e troppo rischioso un portafoglio con il 50% di azioni, in quali di questi andamenti si ritrova di più?

Riassumendo abbiamo visto cinque direzioni di approfondimento per la determinazione del proprio profilo di rischio:

  • esigenze di liquidità;
  • capacità di generare reddito e risparmio;
  • patrimonializzazione;
  • conoscenze in materia di investimenti;
  • attitudine nei confronti del rischio.

Il book,

1, novembre 2008 alle 4:04 PM | Pubblicato su Azioni, Obbligazioni, Operatività | 5 commenti
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Mostra informazioni specifiche come le cinque migliori proposte in acquisto e in vendita, la profondità del titolo, ecc.

Book a 5 livelli. A sinistra i compratori, a destra i venditori

Book a 5 livelli. A sinistra i compratori, a destra i venditori

Nella figura successiva vediamo il book popolato da proposte di acquirenti e venditori.

Lettura a sinistra (compratori):

1^ livello 1 proposta di acquisto per un totale di 1 pezzo a 6,73

2^ livello 3 proposte di acquisto per un totale di 1321o pezzi a 6,725

3^ livello 3 proposte di acquisto per un totale di 21183 pezzi a 6,72

4^ livello 5 proposte di acquisto per un totale di 1321o pezzi a 6,715

5^ livello 2 proposte di acquisto per un totale di 20243 pezzi a 6,725

Compratori e venditori con relative proposte di acquisto/vendita

Compratori e venditori con relative proposte di acquisto/vendita

Se voglio comprare i titoli “a mercato” significa che si dovrà pagare la cifra (6,735) che si trova sul primo livello di destra (venditori). La lettura del book ci dice che in questo momento ci sono 8 proposte di vendita per un totale di 96815 pezzi. Inserendo l’ordine di acquisto di 50000 pezzi vedrò passare il 1^ livello dei venditori da 96815 a 46815 (cioè ho consumato 50000 pezzi). Stesso discorso vale se sono venditore.

Alcune volte, invece di dire “comprare a mercato” (vendere a mercato) si utilizza anche il termine “comprare sulla lettera”  (vendere sul denaro).

Se vogliamo invece acquistare (vendere) un titolo ad un determinato prezzo dobbiamo metterci in fila nel livello a cui vogliamo vendere e aspettare che il mercato venga dalla nostra parte. (Tecnicamente su ciascun livello si forma una coda del tipo FCFS First Come First Served).

Per essere precisi riguardo al prezzo di un titolo è bene sempre parlare di denaro e lettera cioè nello stesso istante quanto sono disposti a pagare i compratori e a che prezzo sono disposti a riceve i venditori. Questa precisazione è fondamentale soprattutto sui titoli che scambiano poco, perchè ci possono essere forti scostamenti tra i prezzi e l’ultimo scambio effettuato potrebbe in realtà dirci poco.

Dettaglio della "coda" creatasi sul 5 livello in acquisto. Prima degli ordini a 6,71 saranno serviti coloro che espongono un prezzo maggiore.

Dettaglio della "coda" creatasi sul 5 livello in acquisto. Prima degli ordini a 6,71 saranno serviti coloro che espongono un prezzo maggiore.

Book verticale a 20 livelli

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